In una spianata prospicente al fiume Toce e alla strada statale del Sempione, dominata dal verde rigoglioso del prato e puntellata da poche zone d’ombra create dai piccoli vitigni, battuta da un vento insistente, carico di terra sollevata dalle strade bianche arse dal sole impietoso di Luglio. Qui ha avuto luogo il tradizionale motoraduno Guzzi Friends, giunto alla sua diciassettesima edizione.

Abbandonata Trontano, paesello bucolico che l’ha accolto negli ultimi anni, il raduno si è spostato a Beura, posta a meno di dieci chilometri a sud, la cui altitudine è inferiore di circa trecento metri. Piccole cifre che generano grandi differenze sul clima metereologico.

Luogo diverso, clima diverso, e diverso è anche il colpo d’occhio: là dove a Trontano le tende ed i bivacchi si insediano sui fianchi delle colline che attorniano l’area delle feste, a mo’ di girone dantesco, a Beura le piccole case di tela si disseminano lungo i grandi spazi disponibili, aggrappandosi per quanto possibile ai pochi alberelli e vitigni che possano garantire un minimo scudo al sole che permea tutto il terreno di battaglia.

Ecco quindi che la prima impressione avuta nel pomeriggio di sabato 24 luglio è stata di una bassa adesione all’evento. Ma si trattava solo di uno scherzo della prospettiva e dell’orario ancora diurno. Ben presto, assieme alla sera sono giunti tantissimi motociclisti: sull’unica via sterrata che portava fino al prato hanno sfilato decine di moto senza sosta, e via via gli spazi si sono riempiti. C’era sempre meno verde da calpestare, sempre più colori a contrastare con i bagliori delle cromature, sempre più voci alternate a rombi di motore come in una strana gara canora.

Ma la cosa più strana ed entusiasmante era il colpo d’occhio delle persone che si muovevano tra tende, stand gastronomici e moto: personaggi strani, pelle, cuoio, tatuaggi, teste rasate a lucido o incolti capelloni, stivali texani impolverati o scarpette modaiole marchiate con marchi motociclistici italiani, volti affabili e occhi bellicosi. Un susseguirsi di contrasti che solo l’esperienza di un motoraduno può rivelare. Tanta diversità tenuta insieme dallo spago della passione per la moto. Mondo parallelo che ha i suoi rituali ed i suoi valori. Molto, molto diverso dal carosello di persone omologate che si incontra risalendo la costa occidentale del Lago Maggiore, da Sesto Calende su per Arona, Belgirate, Stresa e di lì fino a Feriolo. Poi una tregua da tanta normalità che da Gravellona Toce ti introduce al Cusio ed all’Ossola, e da lì inizia tutta un’altra vita.

Siamo partiti alle 13.30 per giungere a Beura verso le 15.00, dove abbiamo subito montato le tende per poi risalire in moto e tornare verso sud, alla volta di Anzola e del suo birrificio, dove ci è stato offerto l’aperitivo di ben venuti a base di prelibatezze locali, focaccia, pizza e ovviamente birra a caduta. Qui abbiamo sostato per un po’, e chiacchierato con gli amici ritrovati dopo tempo. Poi abbiamo nuovamente puntato le forcelle verso nord per tornare al campo-base. Giungendo dalla strada che affianca il luogo del raduno percorrendolo per tutta la sua lunghezza ci si è accorti che durante la nostra assenza il popolo su due ruote era ampiamente cresciuto in termini numerici.

Si sono fatte le sette ed i tavoli sotto al tendone si popolano ti piatti e cartocci, birre e patatine. In poco tempo è tutto un vorticare di mani che armeggiano con lunghe costine cotte a centinaia sulle lunghe braci, mani che impugnano panini dal cui bordo sconfinano gustose salamelle, mani che alzano i boccali verso il cielo e verso la bocca assetata. Quale melodia è più emozionante del vociare forte dei bikers, dello scoppiettare degli scarichi argentei, del Southern-Rock che fa da accompagnamento a questi momenti di allegria con i suoi racconti di risse, amori e corse in moto verso il Mexico? Qualcuno, suggestionabile, avrà rivisto nella mente le immagini del film “Dal tramonto all’alba”: il Titty Twitters, la band urlante, i motociclisti, la polvere del deserto.

Poi arriva la mano della notte che spinge il sole sotto l’orizzonte, e mentre il vento ancora spazza via umidità e gradi centigradi, inizia il concerto dei Fabulous 50′s che sparano bordate di antico, ruspante, godereccio rockabilly: ed è tutto un cocktail di Elvis, di Jerry Lee Lewis, Chuck Berry, Gene Vincent e selvaggio rock’n'roll da bersi tutto d’un fiato, con un unico sorso che dura ore, mentre decine di improvvisati ballerini alla Grease si lasciano andare di fronte al palco, posseduti dal demone del rock e dell’alcool.

Si prosegue con l’immancabile spogliarello che segna la fine della serata, anche se alla una di notte la festa continua con altra buona musica. Nel frattempo alcuni di noi hanno già lasciato il raduno per un rientro notturno a casa. I superstiti invece si dirigono verso le tende, dove saranno accolti dal fresco-quasi-freddo della sera, dal vociare di chi torna alticcio verso il proprio bivacco, e dai maniaci della sgasata notturna che godono nel vedere le fiamme uscire dalla marmitta della propria dueruote, ignorando la tragedia che stanno vivendo le valvole nel cilindro…

Poche ore di sonno legano la notte del sabato alla mattina di domenica 25 luglio. Dopo la colazione smontiamo il campo base e salutiamo gli amici. L’ennesimo Guzzi Friends è archiviato, e anche quest’anno ci siamo divertiti. Ma il week-end non è ancora finito: puntiamo verso nord e percorriamo i cinquanta chilometri che ci separano da Ponte di Formazza, appena prima della cascata del Toce, inizialmente godendo del fresco del mattino, per poi accorgersi che in realtà si tratta di freddo: chi è partito smanicato rimpiange il giubbotto buttato nel bauletto. A Ponte spegniamo i motori e ci dividiamo per una visita al paesello e alla Fiera d’estate; tra l’altro lo spettacolo pirotecnico previsto per la notte appena trascorsa è stato rimandato a causa del forte vento, lo stesso che ci ha tenuto compagnia a Beura.

Verso le dodici e trenta ci accodiamo alla fila di persone che attende l’apertura dello stand gastronomico. Per via del servizio diciamo non proprio solerte, rimaniamo più di un’ora in piedi sotto al forte sole di mezzogiorno ad attendere che venga servita la cinquantina di anime che ci precede. Dopo il pranzo ci concediamo un’oretta di relax distesi nel prato di fronte allo stand, già abitato da decine di persone che visti da vicino non lasciano dubbi: sono tutti motociclisti.

Adesso è davvero ora di marciare verso sud, di lasciarsi ciondolare lungo le curve che portano fino a Crodo, viaggiando lentamente, quasi oziosamente, vuoi per il sonno poco ristoratore della notte passata, vuoi per i bagordi, ma soprattutto per rimandare il più possibile il ritorno a casa. Poi però il Sempione finisce e ti ritrovi a Verbania, e quella strada larga quattro corsie lì di fronte a te, punteggiata di cartelli verdi, parossisticamente diritta, ti dice che ormai la festa è finita, così come tutto ciò che è bello deve finire per poterne poi godere del ricordo. E allora non ti resta che giocare con l’acceleratore, e lasciarti solleticare la schiena dalla spinta furiosa che spara la tua moto ed il tuo corpo a velocità codice nel tempo di un unico respiro; pochi secondi in cui il tachimetro sembra misurare la quantità di adrenalina in circolo. Qui non ci sono tutor, sembrano non esserci macchinette sforna-multe. E allora perchè non spingersi "un po’ più in là" dei centotrenta orari?

 

Qui le immagini del motoraduno.