Dopo la lunga pausa estiva ritorna alla quotidianità anche questo spazio, che è nato qualche anno fa per raccontare le avventure vissute da un nutrito gruppo di motociclisti che, anche grazie all’affiatamento affinato nel tempo, si diverte scoprendo le tante bellezze che la mano della Natura e quella dell’Uomo hanno plasmato su questo nostro piccolo e fragile pianeta. Andare in moto non è quindi una condizione limitativa, fine a sé stessa, ma il mezzo, il metodo che permette di trasformare una passione viscerale per i motori e le due ruote in una forma di conoscenza geografica e storica, ma soprattutto in una occasione di scambio di esperienze e di crescita per le persone che vivono queste avventure.

Il silenzio che ha immobilizzato queste pagine nelle ultime settimane nasconde in realtà un ribollire di storie, aneddoti, vicissitudini, un ricco piatto a base di monti, campagna, laghi e mari, imprigionati nella ragnatela delle strade che li uniscono e, da ora, anche nelle nostre menti. Giusto per dare un’idea delle dimensioni di cui parliamo, si sappia che il vissuto più prolungato di coloro i quali hanno continuato il loro percorso dopo che la maggior parte degli amici ha fatto ritorno verso casa o ha raggiunto i cari nei luoghi scelti per le vacanze, è descritto da queste cifre: 3.100 km percorsi, 6 regioni attraversate, 38 tra città storiche e luoghi ameni visitati. Più di 3.000km di strada, di volti, di sapori, di persone amiche e di comparse conosciute in un giorno. Più di 3.000km in cui gli occhi hanno ammirato le morbide vallate che scavano gli Appennini, si sono persi seguendo l’orizzonte del mare, si sono lasciati sorprendere dall’alternarsi delle tonalità del terreno, tra il verde prezioso ed il marrone dell’arida terra che si rincorrono su immense distese.

Giorni che iniziano presto al mattino, vissuti senza sosta, senza possibilità di annoiarsi, che ti prendono per mano e ti conducono in luoghi da ammirare respirando a pieni polmoni, e non ti danno il tempo di accorgerti che è già sera. Giorni che finiscono a tavola con i tuoi amici, con gli occhi stanchi per tutti quei chilometri sotto il sole così forte che sembra di averlo proprio dentro il casco, ma con ancora addosso la voglia di ridere, di raccontare e raccontarsi, con il sorriso sulle labbra o la fronte corrugata quando il discorso si fa serio e lascia scappare qualcosa di intimo. Non importa se sei stato seduto in sella per tutte quelle ore, se alle spalle hai già centinaia di chilometri e domani dovrai farne ancora di più. Ritrovarsi a cena con queste persone, davanti ad un piatto caldo ed al vino che scalda il sangue e l’anima, ti toglie di dosso la scimmia della stanchezza e ti tempra lo spirito. E quando è ora di chiudere il sipario sulla giornata ormai finita e di stenderti su di un letto che non è il tuo, non hai tempo per pensare ai se ed ai ma: il sonno giunge repentino, più o meno nello stesso tempo in cui la tua moto passa da zero ai cento orari…

Quanto detto finora dovrebbe far capire che è impossibile fornire una descrizione puntuale dei fatti, una disanima da diario di bordo dei luoghi visitati, dei commenti proposti, dei cibi gustati, delle strade percorse. La mole dell’esperienza vissuta è talmente grossa da richiedere pagine e pagine di parole, che non trasmetterebbero comunque la bellezza dei singoli istanti. Ma una cosa possiamo farla: parlare delle persone.

Di Renzo, in primis, che forte della sua esperienza di lungo corso ci ha fatto da guida e da Cicerone accompagnandoci in posti incantati come Campo Tosto, Campo Imperatore, il Gran Sasso, tra i monti della Laga, sul Monte Vettore, a Castelluccio ed in Val Nerina, ed in luoghi ricchi di valore storico, culturale ed anche metafisico come Loreto, Rocca di Calascio, le Gole del Velino, Santa Rita da Cascia. E che dire dell’albergo da lui scelto, nostro campo base ad Amatrice, città famosa per gli spaghetti all’amatriciana (e ora sappiamo tutti perchè sia famosa per questo motivo….) e snodo strategico tra Lazio, Umbria e Abruzzo. A tal proposito un ringraziamento va alla famiglia che gestisce il ristorante Da Giovannino che ci ha offerto la propria simpatia, sicuramente ricambiata, e due cene che rimangono ancora in noi, sia per la bontà delle libagioni, che per i chili di ciccia che ora ornano i girovita… E che dire dei compagni di avventura? Di quel Cesare che tanto tempo ed energia dedica tutto l’anno alla gestione del nostro Moto Club, riuscendo a tenerlo così vivo che la partecipazione dei soci va ben oltre alle singole uscite su due ruote. Di Giovanni, la cui contentezza era così evidente da distendere le rughe e farlo sembrare un ragazzino a tratti un po’ maldestro. Di Giuseppe e Renata, coppia posata e discreta che nel gruppo lasciano sfogare tutta la loro simpatia. Di Claudio e Luisa, coppia cementata dagli anni ma che all’occhio non abituato pare una coppietta di ventenni con il pepe nei pantaloni. E Giuliano, personaggio educato e (forse) timido che si è ben amalgamato con gli altri amici nonostante abbia iniziato a frequentare il nostro Moto Club non da molto tempo; sue sono alcune tra le fotografie più belle scattate in viaggio, per cui ne è valsa la pena fermarsi ad attenderlo nelle sue pause fotografiche. Di Marco e Carmen stupisce la voglia di essere continuamente in sella, sempre vicini, sempre pronti a darti un consiglio su quella strada che nessuno fa mai che se ci capiti dentro ti porta a trasmettere l’armonia del paesaggio circostante al modo in cui guidi e raccordi le curve come in un giro di valzer. Edoardo poi è un personaggio che se ci fai anche un solo viaggio insieme, ti accorgi della sua mancanza quando non prende parte alle gite; con l’occhio sornione e l’ironia sotto ai baffi riesce a farti divertire in modo inaspettato, come per un signorotto inglese che sfodera il suo humor senza scomporsi; e questo stile lo si nota anche quando è in sella alla sua California: una volta partiti non cambia di un millimetro la sua postura, e macina chilometri senza sussulti, una sfinge su due ruote. Alessandro è un ottimo compagno d’avventura: divertente, serio quando c’è da smettere l’abito da ragazzino sul motorino e indossare i panni dell’adulto esperto, forte del suo carattere deciso a cui è difficile dire no; dategli qualche centinaio di chilometri di asfalto, alla meta fategli trovare una cena coi fiocchi e abbondante, dissetatelo con il migliore dei vini della vostra cantina, e avrete davanti a voi l’uomo più felice del mondo.

Poi ci sono stati gli amici del Moto Club Jarno Saarinen di Petrignano d’Assisi, che con il loro 30° motoraduno internazionale di Petrignano hanno messo in moto un’organizzazione davvero encomiabile, costruita sulla fatica, sulla perseveranza, con pazienza, così da raccogliere il frutto di una esperienza trentennale che è sfociata nella migliore delle accoglienze resa ai partecipanti. Anche quest’anno ci hanno condotto in luoghi simili a piccole perle racchiuse in terra umbra: l’abazia di Montelabate a Ramazzano, la Valnerina e Cerreto di Spoleto, il Lago Trasimeno, il bellissimo teatro più piccolo del mondo di Monte Castello di Vibio, le colline Assisane e Valfabbrica. Le serate sono state sempre una festa anche quando la pioggia ha tentato invano di sconvolgere i piani, e la musica ha accompagnato gli ospiti fino a tarda sera, quando le ombre sfumano e tutto viene avvolto dal buio, ed i demoni della danza e dell’alcool agitano i corpi pur stanchi per la giornata vissuta. Di giorno gli spostamenti delle centinaia di moto sono sempre stati ben gestiti, ordinati, fino alle diverse mete dove gli spazi dedicati alla sosta dei mezzi non hanno mai escluso nessuno, e dove guide competenti e a volte curiose ci hanno accompagnato alla scoperta dei piccoli tesori, dei piccoli aneddoti, dei grandi personaggi che vi hanno visto la luce o lasciato grandi opere nei piccoli borghi. L’altra parte di Petrignano d’Assisi, quella dei non-motociclisti, degli abitanti, ha saputo accogliere l’evento senza fastidio, anzi in molti sono stati i curiosi che al mattino raggiungevano il Saarinen Village per assistere magari con i figlioli o i nipotini alla roboante partenza del torrente di motociclette appena risvegliate dal torpore notturno. Alla sera hanno saputo vivere la loro quotidianità negli spazi confinanti col villaggio, giocando a bocce, a carte, o valicando quel labile confine e sedendosi con noi sulle gradinate antistanti lo spazio in cui i musicisti suonavano e la nostra gente ballava e scherzava.

Tra tutti gli amici che hanno affollato il raduno, spicca il mitico gruppo del Gato Capio che con le loro Tirolle ed il Oh my Johnny ci hanno regalato il nostro tormentone estivo, mentre il resto del mondo si accontentava del calcistico Waka-Waka. Che bel ricordo quello dell’ultimo giorno, quando durante il pranzo a Valfabbrica i nostri hanno saputo coinvolgere gli oltre 150 commensali nell’ennesima Tirolla lanciata in segno di sfida ai ragazzi del posto che, fino a poco prima, inneggiavano alla propria contrada in pieno clima da palio. E l’allegria ha stupito e contagiato anche loro, ed ecco che subito si sono uniti ai nostri cori.

Quel giorno è stato anche il momento delle premiazioni dei Moto Club e degli Indipendenti che hanno preso parte alla sei giorni umbra (la sera prima è toccato a i partecipanti provenienti dall’estero). Il Moto Club Golasecca è risultato il vincitore del primo premio, un piatto in ceramica dipinto a mano con i colori dello Jarno Saarinen, ritirato da una emozionata Carmen; e poteva lei separarsi dal suo Marco per qualche momento? Certo che no, infatti è stato premiato anche il nostro Lupo come iscritto che ha partecipato a più edizioni del raduno. Se la memoria non inganna, trattasi di numero ventidue partecipazioni!

Il clima di questo motoraduno riesce a modificare perfino quel luogo comune che vede i motociclisti come strana gente, ridefinendolo in gente vera, che conosci magari al mattino e saluti alla sera e mai più rivedrai in vita tua, ma che in quelle poche ore ti ha lasciato qualcosa che ora fa parte di te, ti ha fatto crescere o ha cambiato il tuo punto di osservazione su alcuni aspetti della vita. O invece no, magari sono personaggi che rivedi solo in quei giorni e poi per il resto dell’anno non senti più; ma anche se in quelle quattro stagioni ognuno ha vissuto la propria vita senza punto di contatto con quella altrui, quanto li ritrovi tornano ad essere grandi amici che vivono nello stesso tuo mondo, parlano con le stesse tue parole anche se con accento friulano, toscano, piemontese o magari in francese, in spagnolo, come in una Babele dove però, al contrario del racconto biblico, ci si capisce tutti senza problemi.

Nelle foto che accompagnano questo piccolo reportage troverete tante altre cose che non sono state qui riportate: i filari di spiedini di montone cucinati a Campo Imperatore, all’ombra del Gran Sasso; il vitellino che beve il latte materno in mezzo alla strada e ti costringe a fermarti con un sorriso inebetito dalla bellezza della vita e dallo stupore; volti sconosciuti di chi si è divertito e di chi ha faticato; scatti curiosi, tipo dormienti con la testa fuori dalla tenda; paesaggi, monumenti, luoghi sacri e danze pagane. Sono solo una piccola selezione di una quantità inimmaginabile di fotografie: ad oggi se ne contano cinquemila, foto più, foto meno, e comprimere tutti quei colori, quei volti, quegli orizzonti in poco più di un centinaio di immagini non è stato un compito piacevole; ad ogni foto scartata ti sembra di buttare via un ricordo, cinque secondi di vita in cui qualcuno si è fermato, ha visto qualcosa che altri non hanno notato, e ha catturato per sempre quell’attimo che tu ora devi eliminare.

 

Epilogo

Sei disteso sulla battigia, davanti al mare di Porto San Giorgio, e ti lasci attrarre dal suo profumo salmastro come dal canto delle sirene. Ti alzi, muovi qualche passo e piano piano ti lasci avvolgere dall’acqua agitata dalle onde, che ti culla nonostante da qualche parte lì vicino giungano le grida di un bimbo che vuole farsi notare dalla mamma. Quando hai percorso con lo sguardo tutto l’orizzonte, da sinistra (dove c’è il Nord che ti aspetta a casa) a destra (verso quel Sud che vorresti tanto raggiungere), ti giri, e, poco oltre, i tuoi occhi incrociano gli oltre 2.900 metri del Corno Grande del Gran Sasso. E allora pensi che giusto qualche giorno prima eri lì, con i tuoi amici, a ridere, cucinare arrosticini, a perderti nei panorami con il terrore di rimanere senza benzina perchè ormai ce n’è davvero poca nel serbatoio. Il transfer è immediato e si concretizza in un sorriso sulle labbra, fino a che il sale su di esse non ti ricorda che ora sei in mare, che di strada ne hai fatta ancora da quel giorno e ancora ti attendono un migliaio di chilometri prima di tornare a casa. Ma il pensiero va agli amici che non hanno preso parte al raid in Abruzzo nè al raduno di Petrignano d’Assisi, e mentre ti dici che è un peccato che non siano venuti tutti, ti chiedi se quando tornerai a casa sarai in grado di raccontare proprio a loro ciò che hai vissuto in questi giorni d’estate, in questi giorni dove i problemi sono rimasti lontani da te, separati dall’oblio che solo un viaggio e l’amicizia riescono a interporre. Ma a questo penseremo quando la vacanza sarà finita: c’è ancora da vedere il mare di Roseto dell’Abruzzo, di Misano Adriatico e di Milano Marittima, Portoverde, Fermo, il Conero.…..

 

Qui le foto della gita sociale.