Sono passati sette giorni dalla gita nell’Oltrepò e rieccoci qui, di nuovo in sella. Incredibilmente questa è la seconda domenica senza pioggia: i forti temporali di ieri pomeriggio hanno scaricato tutta l’energia accumulata durante la settimana, riportando la temperatura a livelli accettabili ma lasciandoci in eredità anche piccoli e grandi drammi, come smottamenti del terreno o addirittura crolli, come nei luoghi del sommese già devastati dalla natura e dall’incuria dell’uomo. Stiamo marciando lungo l’autostrada A4 dopo che le venti e più moto si sono riunite in un unico stormo: la gran parte si è ritrovata alla gelateria Peccati di Gola di Somma Lombardo, qualcuno è stato raccolto lungo la A8, all’autogrill Villoresi, e gli ultimi si sono uniti all’altezza di Agrate Brianza.

Poco dopo le 8.00 sopra le nostre teste splende il sole nel cielo limpido, e centinaia di piccole luci riverberano sui vetri e sulla carrozzeria dei mezzi che corrono in direzione di Venezia, come riflessi in un immobile mare d’asfalto. Superati l’Adda e l’Oglio, l’uscita Brescia Est sopraggiunge velocemente. Appena versato il nostro obolo al casello autostradale ci fermiamo in una stazione di servizio per il rabbocco del carburante, così che tutti possano contare sulla giusta quantità di benzina per affrontare in tranquillità la parte più propriamente turistica della giornata. In mezzora tutte le moto sono pronte: c’è solo il tempo di decidere se indossare la giacca o ripartire smanicati, e il serpentone torna a muoversi sinuoso.

La tappa successiva è a Salò, comune che si affaccia sulla sponda occidentale del Lago di Garda. Vi si giunge percorrendo la Gardesana Ovest dopo una breve serie di gallerie in ombra che serbano nella loro oscurità aria fresca: lo sbalzo termico ci regala qualche piacevole brivido. Qui il traffico inizia a intensificarsi e richiede un po’ di pazienza e malizia per destreggiarsi tra le auto incolonnate. Fortunatamente troviamo un parcheggio subito dopo l’ingresso a Salò, per cui abbandoniamo le moto e raggiungiamo il lungolago. Il colpo d’occhio restituisce alla vista l’immagine di un porto di mare: il lago si svela in tutta la sua estensione, e gli scogli che lo dividono dalla terra ferma contribuiscono a ricreare l’ambiente portuale con i tipici moli; le barche sono affiancate ordinatamente, in contrasto con il disordine dei loro colori e delle diverse dimensioni; ciascuna di esse con il proprio beccheggio danza a ritmo di musiche differenti.

La camminata ci porta lentamente verso il centro storico e la piazza del Duomo, punto in cui convergono le diverse strade interne che costituiscono l’intreccio del budello, alcune delle quali risalgono verso la parte alta del paese. L’aria che risale dal lago è tutt’altro che profumata, e parla di decadenza e supplizi: per queste strade si muovevano i gerarchi e le camicie nere della Repubblica sociale di Salò negli anni del tramonto del Fascismo italiano; di lì a breve, dopo tanto sangue versato, si giungerà alla liberazione compiuta dagli Alleati e dalla Resistenza nostrana, e alla costituzione della Repubblica Italiana.

Quei giorni sono lasciati alla storia: oggi per le strade si incontrano allegri turisti dediti allo shopping. Noi ci accontentiamo di un gelato, fuoriprogramma, visto che sono da poco passate le 10.00, e di muoverci tra la gente lasciandoci incuriosire dalle targhe commemorative e dai balconi fioriti e rigogliosi.

Arriva poi il momento di tornare al parcheggio e ripartire in direzione di Riva del Garda, quindi verso nord. Sulla Gardesana gli scorci sull’omonimo lago si alternano a zone densamente abitate da cui l’acqua blu fa capolino per brevi istanti. Qui le auto si incolonnano come se fossero incollate all’asfalto sciolto dal sole, ma superati i centri abitati si è liberi di farsi rapire dalle spire della strada: ti ritrovi così a dondolare in sintonia con le barche ancorate negli approdi. Giunti nel punto in cui il Garda si restringe, un po’ come per una enorme pera distesa, troviamo il cartello che indica la svolta verso Tremosine, la meta vera e propria della gita.

All’imbocco della salita che ci porterà fin sopra la costa vi sono i cartelli stradali che limitano l’accesso ai mezzi ingombranti. Il motivo è presto chiaro: la carreggiata è angusta, stretta nella morsa della roccia a destra e del parapetto in pietra a sinistra; ti aspetti che la percorrenza sia almeno a senso unico, ma la delusione arriva puntuale e assume la forma delle auto che stanno discendendo. E’ d’obbligo fermarsi e attendere che le vetture trovino il modo di risolvere l’empasse. La scocciatura dei continui rallentamenti passa in secondo piano quando la veduta ti riempie gli occhi: il lago si allontana là sotto e ad ogni tornante puoi ammirarne un nuovo segmento, mentre di fronte osservi il fianco della montagna, nudo, senza vegetazione, composto da strati di roccia con cui puoi contare i secoli come con le sfere di un pallottoliere. Le gallerie qui si trasformano in grotte gotiche, appuntite, i cui fianchi sono fatti di massi antichi illuminati dai fari delle motociclette. E al di fuori di questi antri si rivela lo stretto passaggio tipico degli orridi di montagna. Per un istante le moto incolonnate si trasformano nella giostra di Gardaland che corre lungo i canyon e, come un bambino, preghi che il giro non stia per finire. L’illusione del parco giochi si rafforza quando, entrando in Tremosine, una serie di cartelli colorati propone di fermarsi in una delle diverse terrazze del brivido.

Il paese è posto a precipizio lungo la costa, e i vari bar e ristoranti hanno costruito la propria terrazza panoramica che si spinge oltre il ciglio del versante, regalando agli avventori una vista mozzafiato del lago e delle montagne che lo delimitano. Da qui si possono vedere le barche ancorate al largo, simili a modellini, e strizzando gli occhi si intravedono i bagnanti grandi come una briciola di pane. A sinistra lo sguardo arriva fino a Riva del Garda e all’imbocco del Trentino. Di fronte il Veneto, con Malcesine e Lazzise che si allineano all’invaso. Guardando a destra, verso sud, nell’aria offuscata dalla calura si percepisce la presenza delle città che occupano quella riva, come Sirmione e Limone del Garda. Sotto di te si stende la strada sinuosa: osservandola dall’alto partenza e arrivo sembrano così vicini, e ti domandi come sia possibile che in così poco spazio trovino posto tanti ricordi, tante emozioni. Ci vuole qualche attimo per abituarsi agli oltre trecento metri di vuoto che ti separano dal resto del mondo, ma superato quel momento ti pervade una sensazione di pace, mentre le correnti di risalita di accarezzano la pelle bagnandola con le poche gocce rubate alla superficie dell’acqua.

Dopo aver ceduto alla mistica contemplazione, girandoti vedi che attorno ai tavoli del ristorante hanno preso posto più di venti magliette arancioni: la nuova livrea del Moto Club Golasecca non pecca di certo in tema di visibilità. E’ ora di pranzare, di assaporare il gusto del cibo e quello della convivialità, di brindare e chiacchierare, di raccontarsi, di ascoltare gli altri. E’ il momento in cui la moto e la strada sono lontane da te, e conta solo la voglia di stare bene. E chi ci conosce sa che bastano anche solo due dei nostri soci per creare scompiglio. Figuriamoci quando siamo in così tanti: gli altri ospiti del ristorante ascoltano divertiti i nostri cori, i nostri discorsi confusi ma divertenti, ridono con noi quando il nostro Francesco appare vestito con la divisa e il cappello da chef a fianco dei cuochi veri, e serve a tutti noi la pasta prelevandola direttamente da una forma di grana padano. La scenetta spassosa coinvolge anche una coppia di motociclisti trentini che finisce ben presto col sedersi alla nostra tavolata, e a cui offriamo una fetta di dolce e un brindisi. Con loro chiacchieriamo di viaggi e di moto, di vacanze, e prima di salutarli ci scambiamo i contatti così da poterci rivedere in futuro, magari per una gita organizzata dal nostro Moto Club.

Terminato il pranzo alcuni di noi approfittano della bella piscina a fianco del ristorante per un bagno rinfrescante e rinvigorente. Chi si avvicina al bordo della vasca viene investito dall’acqua lanciata dagli amici a mollo, e qualcuno pianifica un’imboscata nascondendo il tubo della doccia privato della cornetta per avere una potenza di tiro maggiore. Le zavorrine svelano il corpo solitamente ricoperto da pesanti capi tecnici e si stendono sui lettini per lasciarsi coccolare dal sole estivo.

Il Presidente, con il piglio di un papà severo, richiama all’ordine gli indisciplinati bagnanti dando loro dieci minuti di tempo per uscire dall’acqua, asciugarsi, rivestirsi e mettersi in sella. Questi come da copione recitano la parte dei bimbi che protestano per restare ancora in ammollo. Alla fine però siamo tutti pronti per ripartire.

Spostiamo le moto verso l’uscita dal parcheggio, dove scattiamo la foto di gruppo, e ripercorriamo a ritroso la salita che ci ha portati quassù, ma inizialmente per un paio di chilometri: davanti a noi si rivela l’orrido incontrato qualche ora prima e l’ambiente è ideale per una seconda foto di gruppo; senza moto però, perché la carreggiata è troppo stretta e le sole persone bastano per occuparne la larghezza. Sollecitiamo Daniela a far scattare l’otturatore della sua fotocamera perché alle nostre spalle c’è una galleria, e un veicolo che sopraggiungesse ci userebbe come birilli per fare uno strike perfetto. La Madonnina a lato della strada ha fatto il suo dovere, e incolumi ci incamminiamo verso le nostre motociclette.

Curva dopo curva il Garda si avvicina, e al termine della discesa ci inseriamo sulla Gardesana puntando verso Desenzano. Purtroppo non siamo i soli: anche se non è l’ora del rientro di massa, la strada è ricolma di automobili. Inizia così una sofferta trasferta verso l’autostrada, immersi in una bolla di calore che ti segue metro dopo metro senza darti scampo; il tasso di umidità elevato e il calore sprigionato dai motori formano un cocktail tutt’altro che gradito, senza ombrellino né fetta d’arancia. Concentrato, con la schiena china, superi con accortezza i veicoli incolonnati, e il tuo campo visivo si riduce a poche decine di metri davanti a te. Per fortuna la mano della zavorrina si distende indicando il cielo e per un attimo hai modo di vedere gli amanti dello sky-surf che con grandi balzi si sollevano dallo specchio d’acqua, librandosi in aria.

L’ingresso in autostrada questa volta non viene accolto con un gemito di sconforto, ma come una benedizione: basta traffico, e alla prima area di servizio avrai modo di spogliarti e comprare un intero banco frigo con tutti i suoi gelati e tutte le bottiglie di acqua, bibite e integratori salini. Bivacchiamo per mezzora come panni mal riposti, seduti sulle poche sedie disponibili o direttamente sul marciapiede, consapevoli che la strada è ancora lunga e combattendo contro la spossatezza che vorrebbe farcela sembrare ancora più smisurata dei centocinquanta chilometri che ci separano da casa. Nonostante tutto questo si parla già del prossimo weekend, del raduno dello Stelvio e di quello di Monasteir, della motovacanza, insomma di nuovi viaggi in moto. Più che mototuristi sembriamo motodrogati.

Ci salutiamo dandoci appuntamento alla riunione di mercoledì e ripartiamo verso Milano e i laghi del varesotto, affaticati per via dell’aria ardente, per il sole bruciante, per la giornata vissuta un minuto dopo l’altro. Ma per nulla stanchi di viaggiare. E di farlo a fianco di tanti amici.

 

Qui le immagini della gita.