Anche questa settimana abbiamo valicato il confine patrio per avventurarci in qualche cantone elvetico, attraversando luoghi incantevoli sotto l’aspetto paesaggistico e naturalistico, unendo il fattore estetico a quello ludico, poiché la strada percorsa ha fatto uno dei regali più graditi ai motociclisti: curve, tante curve, curve senza brecciolino, larghe, asciutte, da mangiare in fretta come fanno i più golosi in estate con il gelato.

La giornata è iniziata presto: partenza ore 7.30 da Somma Lombardo. Ottima ora per alzarsi nel giorno di riposo per eccellenza! Il gruppo risucchia nel vortice creato dalle ruote gli amici che ci aspettano all’ingresso dell’autostrada di Vergiate e lungo l’autostrada stessa a Meina: siamo mulinelli nel nostro fiume, la strada. Tra A26 e statale del Sempione si fa in tempo a spegnere metà cervello e mettere il pilota automatico, visto che la via è monotona e tutta a dritta. Poi dopo lo svincolo per Varzo la statale inizia ad arricciarsi come il nastro argentato dei regali. Si raggiunge quindi la dogana e si approda in terra straniera, con una breve sosta per il ritrovo al primo benzinaio di Iselle. Prima di infilare il casco si agisce sul pulsante dell’encefalo che riporta la scritta “Modalità curve ON”, perchè adesso c’è da far scorrere sotto le gomme la salita che porta al Simplonpass, che tradotto in parole semplici significa che c’è da divertirsi.

Come ricordato da Cesare alla partenza, ad ogni passo ci si ferma per aspettarsi, fare foto, rinfrescarsi ecc. Quindi sotto l’aquila di pietra che sovrasta il passo e scruta verso l’orizzonte a metri 2.005 sul livello del mare consumiamo il nostro caffè. La ripartenza è rallentata dai lavori in corso che ci obbligano ad attendere il semaforo verde per diversi minuti, a motore spento, sotto al sole. Poi via, si scende tranquilli pregustando le curve che faremo più tardi, al ritorno: già sappiamo che ci sarà da smanettare allegramente.

Si entra in riga in Briga (n.d.r. scusate la battuta…) e ci si immette sulla strada panoramica che sorniona attraversa la Val Bedretto dell’Alto Ticino e porta verso i 2.480 metri di altitudine del Neufenenpass. La salita al passo è interrotta da un po’ di traffico, ma appena possibile in termini di sicurezza si sorpassano i mezzi più lenti e si lasciano correre i cavalli per poi far lavorare freni e forcelle all’approssimarsi dei tornanti. Dopo esserci raggruppati davanti al laghetto che dà il tocco fiabesco al paesaggio altrimenti lunare che ci circonda, ci concediamo il tempo per un veloce spuntino.

Sulla cartina della gita si mette la spunta anche al secondo passo, e si affrontano le bellissime quanto insensate curve che ci fanno da ascensore e ci riportano in valle. A guardarla dall’alto, la discesa sembra essere aggrovigliata come il filo del batuffolo di lana con cui abbia giocato un gattino vivace, ma riusciamo a districarci e a raggiungere i 1.175 metri sul livello del mare del borgo di Airolo. Il termine “borgo”, usato al posto di città, ben si coniuga con la strada su cui ci immettiamo per raggiungere il Gotthardpass e con ciò che incontriamo lungo la salita. Infatti, mentre tutti si aspettavano di percorre la nuova strada, il nostro Presidente al comando della flotta inforca la strada che ricalca quella costruita nel XIX secolo. Ecco che allora ritorniamo tutti in un lontano passato: i nostri cavalli di acciaio procedono come cavalli da soma perchè l’attenzione rivolta all’anteriore e ai segnali che ci manda è ora aumentata, visto che sotto al nero delle gomme ci sono migliaia di pietre che formano il pavè della pavimentazione. Il traffico di veicoli è stato sostituito dal traffico degli animali al pascolo: mucche che lente e svogliate attraversano la strada, spostandosi a lato senza mettere la freccia per cui non è poi così immediato superarle; ma che emozione passarle a fianco, piano piano per non spaventarle, misurarne la stazza, e immaginarsi cow-boy alla guida di una mandria!

Spegniamo i motori a quota 2.108 metri, a fianco dell’ospizio e del museo del San Gottardo. Sono le 12.30 e l’ora è quella giusta per pranzare. Si assaltano i bauletti per recuperare le libagioni; qualcuno si rivolge ai venditori di wurstel “alla svizzera”, serviti su di un tovagliolo con un po’ di pane a fianco. Poi risaliamo il prato che indugia sul laghetto alpino e ci appostiamo nei pressi della fortificazione lì costruita. In pochi istanti dei panini rimane solo l’incarto, le bottiglie si prosciugano, e i ragazzotti seminudi si stendono per una ineluttabile siesta post-prandiale. Ma il relax non dura molto perchè dalle montagne intorno ci stanno raggiungendo nembi minacciosi. Decidiamo quindi di ripartire, fiduciosi nel perdurare bel tempo, lasciando al loro posto gli indumenti antipioggia.

La discesa per Hospental, in direzione di Andermatt, avviene su asfalto. Prima di imboccare la Furkastrasse facciamo una sosta per imbarcare benzina, ma un improvviso temporale ci suggerisce di rimanere fermi qualche minuto: ne approfittiamo per corroborarci di costosissima caffeina servita a € 3,10 a tazzina. Saltiamo in sella sfidando nuovamente il tempo, e finalmente percorriamo la strada del Furka. I primi chilometri della salita sono rallentati dagli autobus che ci precedono: la carreggiata è stretta e non è semplice trovare il punto utile al sorpasso, ancor più per la mancanza di visuale dovuta alla stazza dei pullman. Ma in qualche modo i primi del gruppo se ne liberano e per loro inizia una progressione di coppia e cavalli che, più che far salire la moto, fa scendere la montagna sotto le sue ruote. L’ipnotico incedere delle curve avrebbe fatto si che ci si ritrovasse ai 2.431 metri del belvedere del Furkapass senza rendersi conto del tempo e dello spazio, se sopra di noi i nuvoloni neri non avessero deciso di compattarsi e, dopo uno rullare di tuoni, sparare verso terra proiettili di ghiaccio, altrimenti noti come grandine. Ci fermiamo poco prima del passo, nei pressi di un locale pubblico, e sotto l’acqua e la grandine battente ci infiliamo la tuta antipioggia, anche se ormai gli indumenti sono belli che bagnati… Attendiamo qualche minuto, poi quando dal cielo piove solo acqua il Presidente richiama tutti all’ordine e ripartiamo. Giunti in cima ci si ferma per la foto di gruppo di rito, e la velleitaria tentazione di visitare il ghiacciaio al suo interno viene rimandata ad una futura gita poiché non sarebbe stato saggio, o per lo meno salutare, infilarsi in un enorme frigorifero belli zuppi…

Di fronte a noi, alla destra della vallata, si alza la cima del Grimsel Passhohe, che con i suoi 2.165 metri di altitudine sarà il quinto passo alpino della giornata. Si decide di proseguire nonostante il bel tempo sembri definitivamente compromesso: scendiamo dal Furka fino ad arrivare alla strada che da Gletsh porta al Grimsell, e da qui torniamo a risalire verso il passo che ospita il più importante lago artificiale del Canton Berna, utilizzato per la produzione di energia idroelettrica. Questa volte non si scollina sul versante opposto, ma si ripercorrono gli stretti tornanti della strada appena battuta: nella direzione opposta si viaggerebbe verso Berna, mentre il programma prevede di tornare a Gletsh per poi transitare sul breve tratto che la unisce a Ulrichen, realizzando di fatto un cerchio simile ad un anello in cui le pietre preziose sono sostituite dal Neufenenpass, dal Gotthardpass, dal Furkapass e dal Grimsel Passhohe.

Prima di giungere a Briga ci fermiamo giusto dieci minuti per sgranchirsi gambe e schiena, e ne approfittiamo per mettere i guanti fradici al sole, nuovamente padrone del cielo, così da avere un po’ di confort ed evitare un’artrosi repentina. In molti preferiscono non sfilare il pigiamone antipioggia perchè verso il confine con l’Italia c’è ancora un antipatico ammasso nuvoloso. Percorriamo quindi con ritmo allegro la trentina di chilometri che ci separano dal Simplonpass, e giunti a Schallbett, dove la strada torna nuovamente a puntare il cielo pennellando curve da estasi motociclistica, ci si ritrova con il polso che forma un angolo retto con il braccio e il motore che poco più sotto ruggisce come una leonessa lanciata in corsa verso la preda; e il felino a scoppio si lascia cavalcare regalando quell’ebbrezza che solo una sfuriata in moto può regalare. L’occhio punta all’uscita della curva. In qualche angolo del cervello si forma l’immagine delle mucche che pascolano poco oltre il ciglio della strada. Il parco giochi su cui avanzano gli ottovolanti da patente A ora picchia verso valle e l’adrenalina aumenta ancora, assieme alla forza con cui viene strizzata la leva del freno quando orami sei dentro al tornante, perchè davvero non hai voglia di rallentare. E in un battibaleno sei giù, al benzinaio di Iselle, e ti chiedi se ti sei ricordato di respirare, e se il cuore ha continuato a battere o anche lui ha pensato solo ai giri del motore.

Per fortuna si fa benzina: serve tempo per tornare coscienti, per schiacciare il pulsante “Modalità curve OFF”, evitando di ripetere inebetito “che strada, che figata” ad ogni sguardo che incroci. E poi c’è anche l’autostrada che ti dà tutto il tempo per rilassare mente e muscoli. C’è l’aria torrida che ti soffoca quando esci dalla galleria dopo Varzo, che ti toglie ossigeno e annebbia un po’ i sensi. Qualcuno decide di fermarsi al birrificio di Anzola per una birra ed un panino, visto che non è tardissimo e ci si può godere la prima parte della sera, mentre il resto del mondo si prepara un posto sul divano per seguire la finale dei mondiali di calcio.

Sono passate dodici ore dalla partenza. Metà giornata al galoppo. Metà giornata per riposare. Va bene così a noi centauri, metà uomini, e metà moto.

 

Qui le immagini della giornata.