Dicembre. Eppure il sole ancora dà un po’ di calore all’aria tardo-autunnale ed un po’ di colore ai paesaggi che già nel primo pomeriggio si stingono, e virano verso il grigiore invernale.

E’ in una domenica come questa che la nostra compagine si è regalata l’ultima uscita ufficiale di questo anno, di cui rimangono ormai solo poche briciole.

Giungere sul luogo del ritrovo, prima delle 9.30, è un modo sicuro ma violento per svegliarsi dal torpore notturno: le mani hanno poca sensibilità, le occhiaie fanno da piedistallo agli occhi, la voce ancora deve nascere nelle corde vocali, il pensiero è all’ultimo sogno prima del risveglio…e il freddo ti picchia addosso come un destro da peso massimo, mentre attorno tutto è bianco, ricoperto di puntini ghiacciati quanto luccicanti.

Poi il caffè, il calore del bar, i saluti e le chiacchiere con gli amici che arrivano. E lo sguardo verso il cielo a nord-ovest per chiedersi come sarà la giornata, quanto freddo dovremo patire, se i capi di abbigliamento messi sono troppi (poco male) o pochi (peggio…molto peggio…).

Con una decina di minuti di ritardo il gruppo scalda i motori e inizia a seguire la strada che porta al Sempione. Dopotutto si sta bene, non c’è un freddo da tundra siberiana, e il traffico è benevolo anche tra Sesto Calende ed Arona. Da qui fino a Lesa ci tiene compagnia il Lago Maggiore, surreale nella sua immobilità che contrasta con il dinamismo che mostra nel periodo estivo. E le sue acque ti vengono in contro a modo loro, con l’umidità che risale sospinta da un vento minimo ed invisibile, e che mette a dura prova goretex, cordura e gli altri prodotti che tanto promettono contro il freddo.

Da Lesa si inizia a salire: la via per Comnago è stretta e a tratti tortuosa; purtroppo il clima non consiglia di stuzzicare le scarpette delle moto: le gomme non danno molta confidenza oggi, e vedere la strada sporchina infonde un po’ di prudente saggezza al gruppo di temerari su due ruote. Poi si attraversa Stropino e Vezzo e la strada torna ad essere più larga, con curve più generose, e da qui al Mottarone la neve domina la vista, tanto ai fianchi della carreggiata quanto all’orizzonte, dove il mondo è tutto monocromatico, tutto bianco, sotto ad un cielo carico di blu.

Una brevissima sosta obbligata alla soglia del Parco del Mottarone (dove dobbiamo pagare l’ingresso) ci permette di scambiarci qualche impressione sulla strada e sul freddo, che non è troppo, che non è poco, che ognuno avverte a modo suo.

Cinque minuti e seduti in sella si riparte per i pochi ultimi chilometri che ti accompagnano dal varco fin sul Mottarone. Dopo qualche momento incerto dovuto alla scelta del punto in cui far scendere il cavalletto della moto, c’è finalmente il tempo di lasciarsi stupire dal panorama che dominiamo. Un esempio su tutti: la bellissima fotografia panoramica scattata e costruita da Daniela, scelta per introdurre queste righe.

Dribblando sciatori e amici motociclisti giungiamo al caldo del bar dove ci regaliamo una bevanda bollente, così da ravvivare il fuoco sotto la pelle che ancora resiste all’assalto dei zero gradi centigradi. Poi le foto di gruppo, anzi, l’ultima foto in gruppo per questo anno, bardati come moderni cavalieri.

Nel frattempo la giornata ha fatto il giro di boa attorno a mezzogiorno, e quindi è tempo di rimettersi in strada per puntare ad Arona, questa volta passando da Armeno Miasino e Bolzano Novarese. La meta è nella parte alta di Arona, al limitare con Paruzzaro, nel ristorante della pesca sportiva. Dalle finestre si vede il laghetto con i pazienti pescatori che attendono fiduciosi nel prossimo pesce pescato, mentre di fronte a loro, in mezzo allo specchio d’acqua, spunta una piccola isola sormontata da alberi ed abitata da piccoli animali, forse conigli. Dentro il ristorante invece i conigli non durerebbero molto, visto la danza di piatti che giungono pieni al nostro tavolo e ripartono miseramente vuoti!

Fuori il sole si sta già abbassando; forse anche lui inizia a sentire freddo e preferisce coricarsi e risvegliarsi la mattina dopo… In coda al pranzo c’è tempo per chiacchierare, per scherzare, per gustare la genuinità della compagnia.

L’ultimo tratto di strada percorsa ci porta da Arona a Varallo Pombia, da cui seguiamo la sponda lombarda del Fiume Azzurro, quel Ticino che oggi ha perso il suo colore ed è grigio e cupo; dal ponte della diga si vedono le acque mosse a monte, e le stesse acque molto più calme a valle, quasi immobili, come tristi. E oggi quella stessa diga, percorsa più e più volte, divide anche l’impeto estivo dall’indolenza invernale…

….ed ora tutti sul divano di casa, coccolati da una bella coperta, a gustarsi una cioccolata calda (magari con la panna montata…) lasciandosi rapire dalle foto della giornata!

 

Qui le immagini della gita.