Primo maggio, domenica. Il giorno in cui il mondo si ferma qualche ora per ricordare le dure battaglie che i lavoratori hanno dovuto sostenere (a volte pagando con la propria vita) per vedersi riconosciuti quei diritti che oggigiorno, anno 2011, sono quasi universalmente adottati, fatte salve le ancora tante “civiltà” che inseguono il massimo profitto industriale a discapito della salute e del benessere lavoratori.

Anche oggi attraversando paesi e città si incrociano manifestazioni e celebrazioni, esattamente come per la gita precedente in Valle Cannobina, svoltasi il lunedì precedente, giorno della liberazione dal nazifascismo. Anche oggi la giornata esordisce con un sole irruente, forse più possente di quello lasciato nell’ultima uscita. Anche oggi siamo in tanti, ma non come per il pic-nic di Pasquetta: questa volta per contare i partecipanti bastano tutte le dita di un solo corpo, una ventina. E oggi siamo orfani del nostro Presidente, che per impegni famigliari non ha potuto prendere parte alla scampagnata che oggi prevede di raggiungere il Passo del Sempione prima, e Varzo poi.

Questa è la cornice dentro cui il nostro Moto Club si è mosso verso le 8.15 dalla gelateria Peccati di Gola, il locale che da tanti anni ci vede partire rombanti ad ogni gita. Visto che il Passo del Sempione non è stato spostato più in là verso la Svizzera negli ultimi mesi, il nostro conducador, che per l’occasione è Roberto, decide di evitare la soporifera accoppiata A26/SS33 e di farci fare una passeggiata sul Lago Maggiore. Il trenino turistico attraversa quindi Somma Lombardo sfilando sotto la casa di Cesare, il quale non manca di affacciarsi al balcone per salutarci uno ad uno, accolto dallo strombazzare dei clacson. Vergiate, poi Sesto Calende, e da Arona in poi tutto il Lago Maggiore proietta la sua intensa luce blu sulla strada. Oggi le Isole Borromee occupano ben visibili il centro dell’invaso naturale, a metà strada tra Stresa e Baveno, senza quel velo di foschia che le ha in parte celate ai nostri occhi qualche giorno prima. Sarà per colpa del paesaggio idillico, sarà perchè qualcuno oggi ha il bioritmo basso, ma osservando negli specchietti retrovisori ci si accorge subito che il gruppo è lungo, spezzettato fino al punto che dietro le spalle rimane solo la strada vuota. Sono necessari più stop, più soste dopo i semafori del necessario sebbene sia stato chiarito alla partenza che l’unica tappa prevista sarebbe stata a Feriolo, per un caffè ed una stiracchiata ai legamenti cigolanti prima di lasciare il Verbano ed addentrarsi nell’Ossolano.

Il trenino turistico sembra tenere unite le sue carrozze con lunghi elastici più che con forti magneti, ma nonostante questo a Feriolo nessuno manca all’appello per cui possiamo ripartire e puntare verso Gravellona Toce e da lì risalire il corso del Fiume Toce verso la famosa cascata, percorrendo la SS33 del Sempione. Anche qui lo specchietto mostra come dietro si tenga un ritmo fiacco, ma la prospettiva di marciare a passo di tartaruga lungo gli oltre cinquanta chilometri che ci separano dal confine con la Svizzera non è affatto allettante, per cui si decide di tenere aperto il gas e darci dentro fino a Gondo, dove prima o poi arriveranno anche gli ultimi ritardatari. L’idea di Roberto di passare lungo il Lago Maggiore si è rivelata saggia: la statale del Sempione oggi sembra più breve, più mordi e fuggi, e riesce a divertire anche con i suoi pochi e lunghi curvoni; questo sicuramente perché prima non ci siamo sorbiti gli altri cinquanta chilometri di autostrada.

A Gondo siamo già in territorio elvetico dove, a dispetto della nomea pragmatica e inquadrata degli svizzeri, ci attendono gli ultimo dieci chilometri del viaggio di andata, quelli più divertenti, quelli dove ci si mangia i tornanti come fanno le persone ansiose con le proprie unghie, potendosi anche permettere un ritmo acceso, così da trovarsi ai 2.005 metri di altitudine in un battibaleno senza nemmeno avere il tempo di accorgersi che ad ogni cambio di marcia l’aria diventa via via più fresca e rarefatta. Tutto questo però deve attendere una buona mezzoretta, visto che le moto parcheggiate di fronte al benzinaio appena oltre frontiera non sono tutte quelle presenti alla partenza. Ci si arma di pazienza, si fermano i pistoni dentro ai cilindri, e si ha il tempo di salutare Luigi e Lucia che sfilano davanti a noi qualche istante prima che ci si rimetta in moto. Nel frattempo Renzo ha lasciato il gruppo e si è diretto verso Varzo per prenotare una lunga tavolata alla festa del paese: è lì che pranzeremo tra poche ore.

Finalmente siamo sul Passo. Il rombo delle moto vacilla quando le forti folate di vento freddo spingono le nuvole sopra di noi, facendole correre velocemente, quasi a voler sfidare la manetta dei motociclisti giunti fin lì. Come sempre è uno spettacolo vedere centinaia e centinaia di moto ferme sui loro cavalletti ricoprire i fianchi della montagna da entrambi i lati, quello che scende verso Briga e quello che ritorna verso Varzo. Due anni fa qui tutto era bianco per via della tanta neve, oggi invece a farla da padrone sono le vernici di serbatoi e carene che brillano come piccoli soli in mezzo al verde. Il colpo d’occhio non deve trarre in inganno: inizialmente sembra che le presenze siano molte meno rispetto al 2009, ma si tratta solo di una maggiore diluizione: di solito i mezzi venivano parcheggiati direttamente sulla strada, creando un lungo e compatto serpentone che si allungava sinuoso tra i tornanti; questa volta invece l’organizzazione ha preferito destinare a parcheggio le viette sterrate che si estendono a reticolo nei dintorni del Ristorante Sempione: è in una di queste che abbiamo lasciato le nostre fidate due-ruote prima di arrampicarci lungo la ripida salita che ci porta a dominare la vista sulla Motoconcentrazione e da cui abbiamo scattato molte fotografie.

E’ difficile spiegare a chi è a digiuno in termini di comportamento sociale dei motociclisti come sia possibile che questi si ritrovino in migliaia in cima ad una montagna per parcheggiare una moto, indugiare sulle moto altrui con l’occhio del ragazzino che gongola con un “Io ce l’ho più grande”, ascoltare un’omelia recitata da preti protestanti in tedesco, in francese (senza capirci nulla…) ed in italiano per poi tornare verso le moto ed aspettare che tutti defluiscano oltre le transenne con la stessa velocità con cui si sgonfia un tubeless… Forse l’unico modo per non farsi dare del pazzo è quello di tendere la mano e invitare gli increduli ad accomodarsi sul sellino per una giornata spesa tra strada ed amicizia, e lasciare che sia l’emozione, e non le parole, a dipanare i dubbi.

A mezzogiorno esatto entriamo in Varzo, che in questi giorni è addobbato a festa per il Palio degli Asini, la sagra paesana che coinvolge tutte le località che costituiscono il territorio varzese. Lasciamo le moto in prossimità del centro, praticamente a fianco di un campetto in cui ozia una manciata di asini: cavalli vapore e asini sbuffanti, che strana accoppiata… Il sole a picco sulle nostre teste suggerisce di alleggerire l’abbigliamento prima di entrare nel tendone che ospita cucina e tavolate. Qui occupiamo i tanti posti prenotati da Renzo, ammucchiando dietro di noi le giacche accaldate. Come sempre, il Moto Club Golasecca seduto attorno ad un tavolo si trasforma in una fabbrica del buonumore in cui strani personaggi manovrano piatti e bicchieri, con le bocche utilizzate contemporaneamente per masticare, bere, parlare e ridere. In realtà il servizio ai tavoli è un po’ rallentato nonostante la buona volontà di organizzatori e volontari, ma questo fatto non ci indispettisce: anzi, ci dà lo spunto per altri discorsi goliardici.

Poi però arrivano le 13.55 e a questo punto c’è chi molla il bicchiere mezzo pieno e scappa verso il bar della piazzetta, dove grazie ad un piccolo televisore posto in una saletta angusta è possibile seguire il gran premio del Portogallo delle MotoGP. Il circuito dell’Estoril conferma la strapotenza della Honda, contempla l’ennesima caduta del Sic, e fa soffrire ancora per il discorso Rossi-Ducati che oggi riescono a farsi sverniciare a cento metri dal traguardo, cedendo il quarto posto al Dovi.

Un po’ delusi, un po’ in crisi di sonno da digestione, ci ritroviamo tutti nella piazza dove nel frattempo hanno iniziato a sfilare gli abitanti dei rioni, ognuno col il proprio stendardo, i propri colori, il proprio asino, preceduti dalla banda del paese. Il tutto fa avanzare le lancette dell’orologio di un’ora e mezzo: qualcuno di noi è già ripartito per tornare verso casa; qualcun’altro decide di rimanere per assistere all’evento clou della giornata varzese, ovvero la corsa degli asini e l’assegnazione del palio; un ultimo gruppetto decide di godersi un gelato fresco per risvegliare i sensi dopo il torpore da colpo di calore, a mo’ di secchiata d’acqua gelida. Si ridiscende allora la Statale del Sempione verso sud, abbandonandola nei pressi di Candoglia per puntare al Lago di Mergozzo. Qui ci gustiamo il gelato, seduti davanti a quella parte del lago che lambisce il porfido della Piazza Cavour. Qualcuno getta in acqua quel che rimane del cono, non per un atto vandalico, ma per lasciarlo in eredità ai germani che incrociano in quelle acque come piccoli dragamine. C’è anche il tempo per una chiacchierata con dei guzzisti già visti nelle varie edizioni del Guzzi Friends, ma alla fine arriva comunque l’ora di rimettere il casco, infilarsi nella giacca, indossare i guanti e girare la chiave nel quadro. Gesti fatti migliaia di volte, che si ripetono all’infinito giorno dopo giorno, ma la cui meccanicità non genera noia poichè anticipano la cosa che più ci esalta: viaggiare.

Lasciato il Lago di Mergozzo entriamo in autostrada dopo pochi minuti. La A26, nel tardo pomeriggio delle domeniche primaverili ed estive, diventa un po’ come l’Autolaghi e si popola di centinaia e centinaia di automobili, ma fortunatamente sfiliamo sulla corsia più esterna senza rallentamenti. Nelle gallerie verso Meina e Stresa il pensiero va a sei giorni prima, quando Edo è scivolato dopo una frenata proprio nel buio della lunga galleria: capita, lui sta bene e la sua moto è nelle mani di Cesare, per cui si riprenderà presto anche lei. Anestetizzati mentalmente dal rumore ipnotico prodotto dagli pneumatici che rotolano sull’asfalto drenante giungiamo a casa quando il sole ancora domina il cielo, e guardandolo con gli occhi socchiusi e la sigaretta in bocca, alla Clint Eastwood, lo saluti sapendo che ti terrà compagnia per l’estate ormai prossima.

 

Qui le immagini della giornata.