Sabato pomeriggio, ore 13:30. Nel patio coperto del nostro Presidente si lavora alacremente come formiche che trasportano le loro briciole di pane. Ma noi non siamo formiche, e al posto delle briciole di pane si vedono pentoloni, vassoi, teglie ed enormi scatoloni, al cui interno sono stipate stoviglie, cibo e preziosi liquidi rossi…

Qualche minuto dopo le 14:00 partiamo, direzione nord, destinazione Alpe Devero. Il gruppo non è poi così numeroso, principalmente perchè ci sono state diverse defezioni, e poi perchè altri amici ci raggiungeranno più tardi.

La giornata è soleggiata, un po’ fresca, ed il trasferimento in autostrada è piacevolmente ozioso e lascia il tempo di girarsi attorno per vedere il paesaggio. Il Lago Maggiore oggi sfoggia il suo blu più intenso, come solo riesce a fare quando al di sopra si distente il cielo terso d’autunno.

La parte più a nord del Lago si inserisce nelle prime montagne, dopo Gravellona Toce, e l’intersezione tra le due diverse espressioni della natura fa un po’ da confine anche al tempo metereologico: inizia infatti la tratta fresca e molto ventosa della strada statale del Sempione; la moto più volte tenta di traslare verso il centro della carreggiata, spinta dai grossi volumi d’aria che sembrano muoversi ad una velocità maggiore del gruppo, e più volte anche la testa ondeggia con un moto proprio, involontario.

A Crodo siamo accolti da una temperatura ora decisamente fresca, forse sui cinque gradi centigradi; la tradizionale tappa per il caffè e per gli ultimi acquisti culinari in un negozio che vende prodotti locali è piuttosto fugace, anche perchè alzando lo sguardo verso l’Alpe Devero si nota una densa nuvolosità che non promette nulla di buono. Infatti dopo i primi tornanti che salgono verso il Parco del Devero le visiere sono colpite da piccole gocce, e dopo un altro paio di curve ci accorgiamo che non si tratta di acqua, ma di neve! Alla sbarra che segna l’ingresso nel Parco siamo a tre gradi di temperatura, quindi ci convinciamo che in realtà si tratta di nevischio soffiato dal vento che scende dal Devero e dai versanti dei monti più vicini, le cui cime sono in effetti imbiancate.

Rapidamente si tolgono i bagagli dalle moto (che vengono poi sistemate al coperto) e si svuota il furgone che trasporta i viveri. Altrettanto velocemente si riesce ad accendere la calda stufa a pellet (grazie Cesare!!!) e un coreografico fuoco rosso intorpidisce il rifugio del C.a.i. di Sesto Calende. Dopo aver sistemato le camere e aver dato una pulita all’ambiente, il gruppo si divide in due parti: in cucina le donne, che armeggiano con piatti e pentole, e di là gli uomini che brontolano già per la fame! Lo scorso anno l’assalto al cibo è scoccato alle 17:30; quest’anno riusciamo eroicamente ad attendere fino alle 18:00!

Il cibo è abbondante e, a detta di tutti, ottimo. Sui tavoli turbinano i piatti e le bottiglie di vino, ora bianco, ora roseè, ora rosso. Dall’antipasto al dolce si lavora di coltello e forchetta, mentre di discutono i temi più vari (quindi non solo di motomondiale e di donne…).

La serata si conclude verso la una e mezzo tra poker, canti allegri e brindisi, forse proprio per colpa di questi ultimi! Le camerate si riempiono di ospiti che si fanno largo tra coperte e stivali, e la notte riporta il silenzio nelle nostre orecchie.

La Domenica ci si risveglia ognuno col proprio tempo, ma tutti siamo accolti da un buon caffè e da squisite torte, mentre fuori dalle pareti splende un bel sole ed i campi sono attraversati da un vento teso e gelido. Dopo la colazione ci concediamo una passeggiata nel Parco, che questa mattina sembra più che altro la tundra del lontano Est… Infreddoliti dall’ora passata all’aperto torniamo al rifugio, e verso mezzogiorno si rioccupano le panche e si rimette mano alle posate.

Dopo pranzo iniziano le operazioni di smontaggio del campo-base, tra pulizia di stoviglie, locali e bagni. Si caricano le moto e il furgone e si parte, verso Sud.

Prima di entrare in autostrada si fa una sosta al birrificio di Anzola, dove ci concediamo una birra fresca (alla faccia del freddo là fuori!) o una cioccolata calda. Sono circa le quattro del pomeriggio, è ora di rimettere le ruote sull’asfalto. Il gruppo si riduce mentre si avvicinia a Somma Lombardo, dove ci ritroviamo da Cesare per scaricare ciò che rimane delle libagioni.

Le formiche sono pronte per tornare a casa, al calduccio, dove potranno raccontare che anche loro, per un paio di giorni, sono state cicale...

 

Qui le immagini del weekend.