Il ritrovo alla solita gelateria, alle ore 07.00 di venerdì 16 maggio, ha un che di mistico: uno scroscio improvviso d’acqua battezza la nostra avventura e ci costringe ad indossare subito i capi antipioggia. Caffè per i più, colazione completa per chi ancora è a stomaco vuoto, e si parte. Già all’altezza dell’aeroporto di Malpensa le tute sono asciutte visto che il tempaccio sembra dare una tregua; impressione che si rivela corretta poiché fino all’arrivo a Rosignano si viaggerà all’asciutto. Tappa all’autogrill Villoresi per dare da bere alle moto e via, nel traffico assurdo della tangenziale ovest di Milano dove sono fondamentali due cose: una ciclistica agile che ti permetta di scorazzare nel misto molto stretto delle auto incolonnate, e molta, molta fortuna.

Faticosamente si supera la coda chilometrica e ci si dirige a sud, per buttarsi nella Parma-La Spezia. Prima che i curvoni della Cisa si facciano vedere decidiamo di fare una breve sosta in autogrill per togliere la tuta impermeabile e restare solo con i capi tecnici, perché il caldo inizia ad essere un po’ fastidioso. In realtà gli Appennini hanno un bel cappello di nuvole in testa, ma siamo fiduciosi nel bel tempo. Si riparte e ci beviamo la Cisa in poco tempo: il traffico è praticamente nullo e le strade sono asciutte, un lusso. Da La Spezia ci dirigiamo verso Livorno e da qui giù verso la Maremma, avvertendo la presenza del ricco mare della Versilia alla nostra destra.

Finalmente si arriva a Rosignano, e seguendo il percorso che porta alla frazione Macetti giungiamo alla strada sterrata che punta verso la collina, all’agriturismo Il Giogo gestito dalla simpatica e cortese Anna, cugina del nostro Giovanni. Mentre saliamo incrociamo un trattore che scende a valle e ci spostiamo quindi sulla sinistra per fare strada e salutare educatamente. Mentre tutti poggiano il piede sinistro a terra, una moto scompare dalla vista: Nello, pensando come tutti noi che la coltivazione d’orzo contigua alla carreggiata iniziasse a livello della strada, si è allargato un po’ più degli altri ed il suo piede ha trovato il vuoto, non la terra. Grazie al dislivello di quasi un metro pilota e moto scompaiono con un tuffo goffo nel mare della campagna; per riportare la Ducati gialla sulla strada abbiamo dovuto faticare in quattro, ma per fortuna il nostro compagno non si è fatto nulla. Lei invece, la moto, ci ha rimesso lo specchietto sinistro. Pazienza, siamo ancora tutti sani quindi non ci pensiamo troppo.

Percorriamo i pochi metri che ci separano dalla fattoria, dove troviamo Edo e Renzo, arrivati già il giorno prima. Salutiamo loro ed i nostri ospiti e pensiamo subito a mettere qualcosa sotto i denti: è quasi la una del pomeriggio e gli stomaci brontolano impazienti. Ritorniamo quindi sulla strada provinciale dove troviamo un ristorante: ci accomodiamo all’istante e senza dover attendere troppo che i piatti escano dalla cucina ci avventiamo sulle portate: c’è chi si da alla carne di cinghiale, chi ai frutti di mare, ma non manca per nessuno un assaggio di un buon vino bianco.

Il tempo volge davvero al bello e decidiamo quindi di iniziare a scorazzare per le incantevoli strade toscane che lambiscono campi e colline, srotolando il loro nastro di asfalto in un susseguirsi di curve, tornanti e dossi dove ogni volta il cuore ha un sobbalzo nel vedere tanta bellezza paesaggistica. La mano destra manovra con titubanza l’acceleratore, un po’ per la minaccia sempre presente dei cartelli che avvisano della presenza di autovelox e simili, un po’ perché accelerando si gustano meno le traiettorie e l’incedere dei chilometri.

Andiamo dapprima alla ricerca di un trenino che accompagna i turisti in una escursione immersa nella macchia mediterranea. Con l’indicazione di qualche buonanima troviamo il punto in cui il treno inizia la sua corsa, ma sfortunatamente l’attrazione non è fruibile dal pubblico nei giorni lavorativi. Optiamo allora per una sosta a Cecina. Il mare calmo, il sole caldo, le poche persone presenti invitano a rilassarsi e a sorseggiare una fresca panachè, resa un po’ più corroborante da una sigaretta. Qualcuno la panachè la dà da bere al tavolino, all’asfalto ed agli altrui jeans, dopo essere stato colpito e frastornato dalla bellezza sensuale della barista che ha limitato le capacità propriocettive dell’infatuato.

Si torna poi con calma in agriturismo, e ci mettiamo tutti attorno alla moto di Nello per tirare fuori dal cilindro qualche idea utile a riparare i danni, perché marciare senza lo specchietto sinistro è molto pericoloso. Alla fine con un po’ di pazienza, due viti e tanto nastro americano fatto in Cina lo specchietto torna al suo posto. Purtroppo l’entusiasmo scema subito perché ci accorgiamo di un altro problema: la gomma posteriore è stata "lucidata" dal parafango in carbonio che per colpa della caduta si è spezzato, sfregando indisturbato sullo pneumatico.

Non potendo intervenire in alcun modo sulla gomma ci dedichiamo un po’ a noi stessi regalandoci una doccia rinfrancante, seguita da una cena ricostituente a base di pennette con funghi e salsiccia, pollo ruspante al forno con patate, crostata con marmellata, vino, caffè e grappino. Sazi e più rotondi sull’addome ci spostiamo fuori a chiacchierare: di moto, ovviamente. In pochissimo tempo le lancette dell’orologio raggiungono le 23.30: Giovanni che nel frattempo si era mosso verso il paese in compagnia del cugino per consegnare il latte prodotto nell’azienda agricola, torna proprio mentre ci stiamo abbandonando alla notte.

E’ sabato mattina quando qualcuno si alza presto per andare a fare due passi nella brughiera per ritrovar sé stesso (come cantava il grande Lucio Battisti), mentre gli altri aspettano oziosi le canoniche ore 9.00 per abbandonare il letto, spinti della golosità verso i tavoli imbanditi con marmellata, pane, caffè, biscotti e carburante vario. Alle 9.30 si parte: questa mattina si fa rotta verso Volterra.

Il navigatore satellitare di Giovanni contraddice la segnaletica verticale non perché sia stato montato sottosopra, ma perché le strade sono in rifacimento e si perdono in un dedalo di deviazioni. A destra e a sinistra delle curve che si susseguono senza sosta si estendono campi dove il tipico colore rossastro del brullo terreno toscano fa capolino tra le coltivazioni, alternandosi con il loro verde, ora chiaro, ora scuro. Fattorie, casolari, colline e poi discese che si dispiegano su panorami mozzafiato. Moto che ondeggiano pigre, in sintonia al clima di cordialità che si respira da queste parti. Moto sporche, come le nostre visiere dopo pochi chilometri. Moto ronzanti che danno voce e movimento a immagini altrimenti ferme e mute. Ci arrampichiamo verso Volterra, dove strappiamo ad un vigile il permesso per parcheggiare per un’oretta i mezzi in una zona dove in realtà è prevista la rimozione forzata, e ci incamminiamo verso la piazza, addentrandoci nella vecchia città etrusca.

Ci accoglie uno schieramento di poliziotti, carabinieri e vigili: per un attimo balena il presagio che le forze dell’ordine siano venute in massa per contestarci esose multe scattate con gli autovelox durante il viaggio, o che il vigile all’ingresso della città si sia beffato di noi accordandoci un permesso fasullo. Ma poi le bandiere e la presenza delle autorità svelano l’arcano: si tratta della parata per la Festa della Polizia di Stato.

Rincuorati, decidiamo di far rotta verso San Gimignano ma poco prima di raggiungere la nostra nuova meta è d’obbligo una tappa: ci gustiamo un bel panino casereccio imbottito di finocchiona, il tipico salame toscano, accompagnato nel suo viaggio lungo l’esofago da una fresca birra panachè, giusto compromesso per motociclisti non astemi ma coscienziosi, divenuta ormai la bevanda ufficiale della gita. L’arrivo a San Gimignano è preceduto da una sgroppata leziosa tra le colline. Nella fantasia la moto diventa un cavallo ed il casco un cappello da cow-boy, e ci si ritrova ad essere butteri che dirigono la mandria di buoi. Il paesaggio che riempie l’orizzonte induce ad allargare le braccia per abbracciare tutto quello che c’è a vista d’occhio, e instilla il sospetto che forse sarebbe meglio non tornare a casa, domani mattina.

La visita alla città è veloce, superficiale, e termina altrettanto velocemente dopo aver sorseggiato un tè freddo per rinfrescarsi: il tempo volge al brutto, e inizia a piovere; le moto sono fuori dalle mura, a poche centinaia di metri dal tavolino del bar, ma le gambe ancora addormentate per via del caldo e della posizione in sella protestano al tentativo di uno sprint da centometrista, dilatando i pochi metri sino a renderli una gara di fondo. Il viaggio di rientro è tutto sotto l’acqua, ma le tute antipioggia reggono le precipitazioni per la verità non molto intense.

L’aver pranzato con un solo panino ci obbliga a sederci attorno al tavolo già alle 18.30, un’ora prima che sia servita la cena; fortunatamente i nostri ospiti ci procurano caciotta di pecora, salame, pane e una caraffa di vino bianco quale aperitivo. I ritardatari ringraziano con sarcasmo per non averli avvisati della disponibilità di tante prelibatezze, ma ci facciamo perdonare offrendo loro un’altra caraffa di vino, ed una terza ancora.

Spostarsi in camera, fare la doccia e prepararsi per la cena in cinque minuti non è una cosa impossibile, almeno per chi non ha in corpo l’alcool etrusco dell’aperitivo; per fortuna arriva il momento della cena: pappardelle al ragù di cinghiale, cinghiale in salmì con insalata, acqua, vino, dolce, caffè; poi grappe e limoncelli. E anche oggi accompagniamo la giornata al suo tramonto chiacchierando all’aperto, mentre il sibilo della pioggia continua a farci da colonna sonora.

Domenica 18 maggio il risveglio avviene sotto l’acqua, e il cielo gonfio minaccia pioggia in ogni direzione: la nostra ripartenza non si mette bene. Alle 9.30, dopo aver salutato e ringraziato i nostri ospiti, sistemato i bagagli ognuno sulla proprio moto, e aver infine indossato le tute antipioggia, partiamo mestamente facendo una subitanea prima tappa dal benzinaio: anche per le moto è ora di fare colazione. Entriamo in autostrada e risaliamo verso La Spezia sempre in compagnia della pioggia. Arrivati a La Spezia ci dividiamo: una parte del gruppo segue la Cisa, verso Parma e poi verso Milano; gli altri proseguono verso Genova, per poi dirigersi verso Alessandria.

I due gruppi incontrano su strade diverse gli stessi acquazzoni, che sull’Appennino diventano veramente intensi, tanto che le tute antipioggia cedono dopo aver retto per trecento chilometri sotto l’acqua. Il nostro gruppo si ferma in un piccolo autogrill in Liguria; non è facile indicare la zona esatta perché la visibilità scarsa ha nascosto il cartello che reca il nome dell’area di sosta. Prima di bere qualcosa di caldo corriamo verso i bagni poiché bisogna, se non proprio asciugarsi, almeno strizzare l’acqua che riempie mutande e calzini. Chi ieri aveva maturato l’idea di non tornare a casa, durante il rientro ha maturato il desiderio di arrivarci il prima possibile.

La pioggia si stanca di noi solo verso Alessandria, dove ci abbandona. Il nostro gruppetto si divide ulteriormente: c’è chi fa una scampagnata tra Piemonte e Lombardia prima di rincasare, chi alza il ritmo per asciugare le gomme sull’asfalto, e chi invece continua il suo viaggio con forzata pacatezza a causa della catena giunta ormai al termine della sua vita, simile ad una stringa di liquirizia molle e allungata. Ci ricongiungiamo però in autogrill nei pressi di Romagnano Sesia: caffè e sigaretta, e via verso casa affrontando l’ultima cinquantina di chilometri che, incredibilmente, scorre senza acqua che ti cola addosso.

Ritirare la moto nel box, togliere le borse laterali, sfilarsi la tuta, e distendere i muscoli inarcandosi come un gatto dopo aver percorso poco più di milleduecento chilometri, ti dà sempre la sensazione di aver compiuto un’impresa. Le strade si srotolano ancora davanti agli occhi. Metà cervello chiede cibo, una doccia calda e un po’ di riposo, ma l’altra metà spalleggiata dall’anima ti urla addosso di risalire in sella, di ripartire anche senza una destinazione precisa: hai ancora voglia di farti coccolare per un po’ dalle dall’aria che ti accarezza il viso.

 

Qui le immagini del weekend.